Faq Immigrazione

Faq Immigrazione

Si, ai cittadini stranieri irregolari, così come i cittadini che sono in Italia con visto turistico quindi di validità non superiore a 90 giorni – hanno diritto ad accedere alle prestazioni sanitarie urgenti e vengono qualificati come “cittadini stranieri temporaneamente presente” in questo caso se non sono possidenti di una polizza assicurativa con un Istituto assicurativo italiano o straniero valida sul territorio nazionale, viene rilasciato dalle Aziende sanitarie locali, all'atto della richiesta di cure oppure su richiesta dell'interessato un tesserino con codice regionale a sigla STP, ovvero Stranieri Temporaneamente Presente- (ai sensi dell’art.43 DPR 31 agosto 1999.n.394) Al possessore di codice STP vengono garantite le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia e infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva, ed in particolare:
  • la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con le cittadine italiane.
  • le vaccinazioni secondo la normativa e nell'ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;
  • Interventi di profilassi internazionale; la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventuale bonifica dei relativi focolai.
L'accesso alle strutture sanitarie non può comportare alcun tipo di segnalazione alle pubbliche autorità. Tieni comunque presente che in alcuni casi (motivi di ordine pubblico o per altri gravi motivi) la Pubblica Autorità potrà ottenere il referto, come avviene anche con i cittadini italiani.
Non è possibile “prorogare” dinanzi alle autorità competenti il soggiorno turistico oppure richiedere il rilascio di un nuovo visto mentre lo straniero si trova in Italia. La proroga può scattare solo in casi eccezionali. il Testo Unico sull’Immigrazione (DPR 394/1999), all’articolo 13, prevede la possibilità di trattenersi oltre quella data solo se ricorrono “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali” o nel caso in cui si tratti di un’emergenza documentata (una malattia o un incidente) che costringe il cittadino straniero a ricoverarsi in ospedale e gli impedisce di tornare a casa finché non sarà in grado di viaggiare. In questi casi, bisogna comunque rivolgersi alla Questura competente del luogo in cui ci si trova e chiedere di poter prolungare il soggiorno in Italia. L’attuale normativa prevede che chiunque si trattenga nel territorio dello Stato senza un valido titolo di soggiorno, come ad esempio con un visto per turismo scaduto, è punibile con una multa che va da 5.000 a 10.000 euro. Inoltre, nei confronti di chi rimane in Italia irregolarmente perché non è più in possesso di valido titolo di soggiorno, viene emesso un decreto di espulsione ai sensi dell’art. 10bis del D. Lgs. 286/98.
I cittadini stranieri che sono nati in Italia ma non hanno fatto la “dichiarazione di volontà” al Comune al compimento della maggiore età, possono richiedere la cittadinanza italiana alla Prefettura. La dichiarazione di volontà può essere fatta dai 18 anni ed entro i 19 anni di età, oppure entro i 20 anni se non è arrivata la comunicazione dagli Uffici dello Stato Civile del Comune in merito alla possibilità di esercitare il diritto di accesso alla cittadinanza (L. n. 98/2013). Tale comunicazione, infatti, deve essere inviata al luogo di residenza e nei 6 mesi precedenti al compimento della maggiore età. Superato quel limite di tempo, l’interessato può presentare lo stesso la domanda per la cittadinanza alla Prefettura, il requisito, oltre ad essere nato in Italia, è quello di essere legalmente residente da 3 anni. Per chi è stato sempre residente nel territorio italiano, questo requisito è già soddisfatto per cui non bisogna attendere 3 anni per richiedere la cittadinanza una volta superato il limite temporale consentito dalla Legge. In questo caso bisogna adempiere anche con il requisito reddituale, cioè di possedere un reddito non inferiore a 8.500 euro per anno, negli ultimi 3 anni prima della presentazione della domanda. Il reddito di riferimento è quello del nucleo familiare, per cui se si tratta di uno studente basterà dimostrare il reddito dei genitori.
Se hai un permesso di soggiorno per studio puoi lavorare, ma puoi svolgere solo un’attività lavorativa part-time per un massimo di 20 ore a settimana e per un massimo di 1.040 ore all’anno. Poiché l’attività lavorativa part-time è un regolare rapporto di lavoro, hai diritto a: ricevere la retribuzione in caso di malattia; ricevere la retribuzione in caso di infortunio, ricevere la retribuzione in caso di gravidanza, far domanda per le prestazioni a sostegno del reddito e anche alle prestazioni e agli interventi di assistenza sociale. Se devi svolgere un’attività lavorativa per un numero di ore maggiore, puoi fare richiesta per convertire il permesso di soggiorno per studio in permesso di soggiorno per lavoro. Per poter richiedere la conversione del permesso è importante che il permesso sia in corso di validità, inoltre dimostrare aver conseguito in Italia un titolo di studio universitario (Circolari Ministero dell'Interno n. 1280 del 11/03/2009 e n. 5920 del 12/10/2009). oltre ai requisiti indicati sopra, la tua richiesta deve rientrare nelle quote stabilite dal decreto flussi, decreto con cui il Ministero dell’Interno definisce ogni anno il numero di cittadini stranieri extraUE che possono entrare in Italia per motivi di lavoro subordinato, autonomo e stagionale e dimostrare di essere in possesso dei requisiti richiesti dalla legge per la tipologia del lavoro svolto.
Le norme attualmente in vigore stabiliscono chiaramente che chi sia in possesso di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo (quello comunemente chiamato “carta di Soggiorno), può assentarsi dal territorio dell’Unione Europea per un periodo massimo di 12 mesi consecutivi, senza che gli venga revocato il titolo di soggiorno. Se invece si reca in un altro Paese dell’Unione Europea il limite si innalza a 6 anni. In tutto caso, il periodo massimo di allontanamento consecutivo dall’Italia non deve essere superiore alla metà del periodo di validità del permesso di soggiorno di chi si è in possesso.
Se hai un visto soggiorno per turismo non puoi lavorare. Il visto per turismo non puoi essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro. Si rammenta che non è possibile assumere uno straniero che è entrato in Italia per motivi di turismo, perché chi lo assume va incontro alle stesse sanzioni previste per chi dà lavoro a un immigrato irregolare.
Il requisito degli anni di residenza, necessario per avanzare la domanda di cittadinanza ai sensi dell’art. 9 della Legge n. 91/1992, si riferisce al calcolo complessivo degli anni di residenza legale nel territorio nazionale e non nel singolo comune. Nella fattispecie, il fatto che lo straniero abbia soggiornato in diverse città, spostando ogni volta la propria residenza, non influisce nel conteggio degli anni necessari per adempiere il requisito di residenza legale in Italia. Basterà che nel modulo di richiesta della cittadinanza, il richiedente indichi i diversi comuni in cui è stato iscritto all’anagrafe, segnalando le date esatte in cui ha trasferito la propria residenza da un comune all’altro.
Ai sensi dell’art. 9 del Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286, il permesso di soggiorno viene rilasciato ai cittadini stranieri che dimostrano di essere in possesso dei requisiti necessari. Tra questi requisiti ci sono:
  1. almeno 5 anni di soggiorno continuativo sul territorio italiano
  2. un reddito non inferiore all’importo dell’assegno sociale dell’anno in corso o dell’anno precedente se per l’anno in corso quest’importo non è ancora stato aggiornato
  3. un alloggio idoneo
  4. certificato del casellario giudiziale e dei carichi pendenti
  5. conoscenza della lingua italiana
Si, al titolare di questo tipo di permesso è consentito soggiornare in un Paese dell’Unione Europea per più di 90 giorni alle condizioni del Paese ospitante
Questo tipo di permesso consente l’accesso a tutti i tipi di lavoro (ad eccezione di quelle funzioni del pubblico impiego che sono riservate solo ai cittadini italiani), a tutti i servizi assistenziali, previdenziali e scolastici come i cittadini italiani, inoltre protegge dall’espulsione (ad eccezione che sia per motivi di sicurezza nazionale). Lo status di soggiornante di lungo periodo è permanente ed il permesso per soggiornanti di lungo periodo è a tempo indeterminato (art.8 della direttiva;art.9, c. 2del T.U.I).
In aprile 2019 l’Associazione Bancaria Italiana ha emesso una circolare che precisa che l’esibizione del permesso di soggiorno per richiesta asilo in corso di validità è sufficiente per l’apertura di un conto corrente bancario, è inoltre valida la ricevuta, in corso di validità, rilasciata da un’amministrazione dello Stato, purché contenga la fotografia del titolare e indichi il nome e cognome e il luogo e la data di nascita. Per quanto riguarda il codice fiscale è valido sia quello numerico che quello alfanumerico.
Potresti chiedere il riconoscimento che stabilisce una comparazione unicamente di livello con un titolo italiano e ne consente l’utilizzo per la prosecuzione degli studi o per l’accesso alle professioni. Ma se vuoi un riconoscimento più ampio e valido per ogni evenienza, puoi chiedere l’equipollenza scolastica e accademica, che è l’equivalenza di un titolo di studio conseguito all’estero con un determinato titolo presente nell’ordinamento italiano, valido giuridicamente.
Continua ad esistere ma viene ora concessa solo in presenza di ben definite circostanze, a differenza del passato laddove veniva riconosciuta sulla base della previsione di “seri motivi di carattere umanitario”. Restano legittimamente le vittime di tratta, le vittime di violenza domestica o di grave sfruttamento lavorativo, chi versa in condizioni di salute di eccezionale gravità, chi non può rientrare nel proprio Paese perché colpito da gravi calamità, chi compie atti di particolare valore civile, nonché coloro i quali, pur non avendo i requisiti per il riconoscimento di una forma di protezione internazionale, corrono comunque il rischio, in caso di rimpatrio, di subire gravi persecuzioni o di essere sottoposti a torture.
Restano invariate le tutele per chi fugge perché perseguitato o discriminato, per chi corre il rischio di condanne a morte o di tortura, per chi rischia la vita per conflitti armati nel proprio Paese. Continua comunque ad essere tutelato chi versa in una condizione di particolare esigenza umanitaria. Oggi vengono infatti previste e tipizzate specifiche situazioni che danno diritto, per quelle motivazioni, al soggiorno nel territorio nazionale.
Chi lo ha già ricevuto, o è in attesa di riceverlo, continua a rimanere legittimamente nel territorio fino alla scadenza del titolo, potendo usufruire di tutti i benefici derivanti dalla sua condizione a partire dalla possibilità di convertirlo in permesso per lavoro o per ricongiungimento familiare, laddove ne ricorrano le circostanze. In caso contrario, alla scadenza, ove non sussistano le condizioni per il rilascio di uno dei permessi speciali umanitari previsti dalla nuova normativa, dovrà lasciare l’Italia.
Lo SPRAR continua ad esistere, con la sua nuova denominazione: Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI). Viene infatti mantenuta e confermata la sperimentata e proficua modalità di accoglienza integrata che vede i sindaci protagonisti nella proposizione e definizione delle progettualità. Tuttavia, con la attuale riforma le attività di integrazione e di inclusione sociale sono riservate ai soli beneficiari di protezione internazionale. Rientra in tale ambito chi deve essere sottoposto a urgenti o indispensabili cure mediche, chi risulta vittima di tratta, di violenza domestica, di grave sfruttamento lavorativo, chi non può rientrare nel proprio Paese a causa di calamità o chi ha compiuto atti di particolare valore civile, oltre che i minori stranieri non accompagnati per i quali vengono riservati percorsi dedicati in ragione della loro condizione.
I richiedenti asilo che hanno già avviato il loro percorso nello SPRAR continueranno a rimanere in accoglienza fino all’eventuale rigetto della domanda, ovvero fino alla scadenza del progetto avviato dagli enti locali ed in cui sono stati inseriti, così come vi rimarranno gli stranieri titolari di un permesso umanitario in corso di validità rilasciato sulla base della precedente normativa. Gli enti locali potranno quindi portare a naturale scadenza i progetti già finanziati, senza subire interruzioni; ove il richiedente asilo veda definita positivamente la sua posizione in merito alla richiesta di protezione internazionale, ovvero ottenga un permesso di soggiorno per i casi speciali previsti dalle nuove disposizioni, potrà rimanere nel SIPROIMI.
Tutti coloro ai quali è riconosciuto lo status di protezione internazionale ovvero gli stranieri che, rientrando in speciali categorie, necessitano di specifica tutela, possono accedere al SIPROIMI, beneficiano delle misure di integrazione e, naturalmente, possono essere iscritti all’anagrafe della popolazione residente, analogamente a quanto avviene per gli stranieri regolarmente soggiornanti non richiedenti asilo. Chi ha già ricevuto un permesso umanitario in base alla previgente normativa continua a rimanere legittimamente nel territorio e rimane iscritto all’anagrafe fino alla scadenza del titolo ovvero anche successivamente, potendo convertire quest’ultimo in permesso di lavoro o per ricongiungimento familiare o, comunque, ottenere uno dei permessi speciali, sussistendone le condizioni.
E’ oggi prevista la revoca della cittadinanza concessa per naturalizzazione, per matrimonio o al raggiungimento della maggiore età per il minore straniero nato in Italia, nei confronti di chi, successivamente all’acquisizione dello status, è stato condannato con sentenza definitiva per gravi delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine costituzionale che mettono a rischio la sicurezza della Repubblica.
Viene attribuita al Ministro dell’Interno la competenza di limitare o vietare, per motivi di sicurezza e ordine pubblico, il transito e la sosta delle navi sospette nel mare territoriale. Inoltre, il capitano della nave che infrange il divieto di ingresso nelle acque territoriali può essere condannato al pagamento di una sanzione molto salata: inizialmente la multa prevista andava da 10mila a 50mila euro, ma, l’emendamento approvato in data 18 luglio 2019, ha inasprito la sanzione da un minimo di 150mila euro fino al milione di euro. Si prevede la confisca immediata, come misura cautelare delle navi Ong che violano il divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane. Il Decreto Sicurezza bis estende anche alle procure distrettuali la possibilità di eseguire le intercettazioni e le operazioni sotto copertura.
Il diritto all’unità familiare, inteso quale diritto a mantenere, a creare o a ricostituire il proprio nucleo familiare, è un diritto fondamentale della persona previsto e tutelato dalla nostra Costituzione ed da altri testi convenzionali internazionali ed europei. Il ricongiungimento familiare è l’istituto giuridico che permette ai cittadini stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale di ottenere l’ingresso e la conseguente autorizzazione al soggiorno di uno o più familiari che si trovano nel Paese di origine.
I cittadini extraeuropei regolarmente residenti in Italia in possesso di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo oppure di permesso di soggiorno di una durata non inferiore ad un anno. Non possono presentare domanda di ricongiungimento familiare: • i richiedenti asilo/protezione internazionale; • coloro i quali godono di una protezione temporanea; • i titolari di un permesso di soggiorno per motivi umanitari (in tale ultimo caso sarà necessario convertire il proprio titolo di soggiorno in un permesso per motivi di lavoro prima di cominciare la procedura).
I familiari con cui si può fare il ricongiungimento familiare sono: • coniuge, non legalmente separato e maggiorenne, anche dello stesso sesso ovvero il partner in una convivenza registrata; • figli minori di 18 anni non coniugati siano figli naturali o legittimi, nati da relazioni precedenti a quelli attuali, biologici o adottati. È richiesto il consenso all’espatrio dell’altro genitore, se non decaduto e se ancora in vita. La minore età del figlio ricongiunto è stabilita in base alla normativa italiana – quindi entro i 18 anni di età – e deve sussistere al momento della presentazione della domanda di nulla osta all’ingresso, non rilevando se sopraggiunge la maggiore età al momento della richiesta di rilascio del visto né dell’ingresso in Italia. Sono ricongiungibili, altresì, i minori di età affidati o sottoposti a tutela in favore dello straniero regolarmente residente in Italia a condizione che l’atto di affidamento o di tutela provenga da una autorità pubblica e non sia frutto di un mero accordo tra privati; • figli maggiorenni solo se a carico dei genitori poiché impossibilitati a provvedere alle proprie esigenze di vita per gravi motivi di salute tali da comportare l’invalidità totale della persona; • genitori di età inferiore ai 65 anni solo se a carico e se non vi sono altri figli residenti nel Paese di origine o di provenienza; • genitori di età superiore ai 65 anni solo se a carico e se gli altri eventuali figli residenti nel Paese di origine o di provenienza non possono provvedere al sostentamento dell’ascendente per gravi motivi di salute documentati.